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La Grande Compagnia Catalana

"Ora questi combattenti chiamati Almogavaras sono uomini che vivono per nient'altro che la guerra, e essi abitano non in città e villaggi ma nelle montagne e nelle foreste. E essi combattono incessantemente contro i saraceni e fanno incursioni nelle loro terre per uno o due giorni, saccheggiando e prendendo prigionieri. [Per questo] possono sopportare grandi disagi più agevolmente di tanti altri uomini. Sono uomini forti, abili nelle imboscate e nell'inseguimento."

Bernat Desclot, Chronica 28-9.

La Compagnia Catalana viene identificata con gli Almogavari. Il termine non si riferisce ad una popolazione specifica quanto a uomini con attitudini guerriere incentrate sulla rapidità, la ferocia e la penetrazione in territorio nemico. In origine questi combattenti erano assoldati fra le rudi popolazioni dei Pirenei ma nell'ultimo periodo il bacino di arruolamento si spostò prevalentemente in Navarra, Aragona e Catalogna. anche se essi non furono i suoi unici componenti. Di sicuro con i loro vestiti di pelle, "mezzi nudi" come li ricordano nelle cronache i siciliani rimanendo scioccati dal fatto che "non avevano al collo neanche un piccolo scudo" e selvaggi nell'aspetto quanto nei modi, i montanari giunti dalla Spagna seppero focalizzare su di sé l'attenzione dei cronisti dell'epoca e non di meno si guadagnarono la fama di validi combattenti sul campo, ma a coadiuvarli nella Compagnia c'erano anche cavalieri e combattenti di altre etnie -addirittura Turchi. Questi micidiali combattenti si fecero conoscere durante la cosiddetta guerra del Vespro, combattuta fra aragonesi e francesi dal 1282 al 1302 ma la storia vera e propria della Compagnia inizia alla fine del conflitto. Terminata infatti la guerra con gli accordi di pace di Caltabellotta Federico III, figlio di Pietro d'Aragona e ora re di Sicilia si ritrovò a dover gestire il congedo di migliaia di veterani ormai solidamente impiantatisi nell'isola. Non dobbiamo fare l'errore di immaginarci un modernissimo esercito composto di soli soldati con famiglie a casa in attesa. Moltissimi uomini si erano sposati, o comunque avevano creato delle famiglie che li seguivano durante tutte le operazioni belliche. Gli accampamenti tendevano sempre a divenire delle piccole cittadine, con tanto di servizi, mercati, tribunali. Non si trattava di imbarcare i marines dopo la Guerra del Golfo e tanti saluti, occorreva smantellare un sistema di vita durato vent'anni e reintegrarlo nei luoghi d'origine senza che vi fossero reali possibilità di ritornare alla precedente vita per quanti erano giunti in Sicilia nel corso degli anni di conflitto. 

Fu l'imperatore Andronico II Paleologo a proporre un nuovo contratto alla Grande Compagnia. Da sempre sotto assedio, l'impero romano d'oriente era costantemente alla ricerca di mercenari alle quali affidare la propria sopravvivenza. Fu l'inizio dell'epopea della Compagnia in Anatolia. Ruggero guidò i suoi uomini in una serie di scontri che si spinsero in profondità nei possedimenti turchi dove saccheggiarono a loro piacimento e si mosse seguendo una personale agenda senza badare molto alle eventuali richieste che giungevano da Costantinopoli. Dopo aver liberato Philadelfia dalla stretta dei turchi di Karaman le operazioni proseguirono lungo la piana del Saruhan. Durante l'assedio di Magnesia un messaggero raggiunse Ruggero: l'imperatore lo esortava a correre in suo aiuto sul continente europeo contro Teodoro Svetoslav, un usurpatore che aveva riunito buona parte della Bulgaria sotto il suo dominio e ora minacciava i territori traci dell'Impero. Giunti nei pressi di Gallipoli però l'ordine fu annullato. La Compagnia si fermò nella città portuale che divenne la base per le successive operazioni. 

Nello stesso tempo in cui Ruggero e i suoi soggiornavano a Gallipoli arrivò un vecchio commilitone del da Fiore, Berenguer d'Entença, con nove galee da guerra stracolme di uomini. La Compagnia, già pericolosa di per sé, divenne ancora più temibile e i due uomini, ambiziosi come pochi altri, iniziarono a fare pressioni su Andronico per ottenere il massimo da un impero debole e incapace di gestire la loro strepitosa forza. Essi domandarono l'intera Anatolia in cambio dei servigi offerti fino a quel momento e, velatamente, onde evitare il sorgere di incresciose situazioni nel resto dell'impero. Fu la goccia che fece traboccare il vaso a corte, dove il figlio di Andronico, Michele, decise di porre rimedio in maniera drastica alla minaccia catalana. Invitò a un banchetto Ruggero e un centinaio dei suoi ufficiali e nel culmine della festa li fece massacrare da un'unità di guerrieri alani. 

Invece di sbandarsi, come sperato da Michele, la compagnia si unì sotto l'insegna di Berenguer il quale scatenò una terribile vendetta nei confronti dei bizantini. La Tracia venne devastata in lungo e in largo e quando Andronico marciò con un esercito contro di loro, essi lo sconfissero in maniera decisiva nei pressi di Rhaedestum. La Compagnia deviò poi verso sud, lungo la Tessaglia, devastando e saccheggiando a proprio piacimento lungo la via. Spogliata la Tracia di ogni risorsa era infatti impensabile per i catalani rimanervi, così come fuori portata dovette apparire la possibilità di conquistare Costantinopoli. Vi furono scontri fra i comandanti della Compagnia, ai quali si erano aggiunti di recente inviati del re d'Aragona per indirizzare quella forza militare e utilizzarla come estensione del proprio potere nell'area. Il piano aragonese era ambizioso ma i mercenari ormai agivano come cani sciolti e rafforzandosi il potere -e la risolutezza- dell'imperatore di Costantinopoli decisero di spostarsi in direzione dell'Attica, dove si prospettavano razzie indisturbate e un clima perfetto per mercenari che avevano al seguito le proprie famiglie.

Giunti al confine con il ducato di Atene gli Almogaveri vennero contattati da una loro vecchia conoscenza, Roger Deslaur, un cavaliere al servizio di Gautier V di Brienne duca di Atene. Gautier (ricordato anche come Walter) aveva combattuto in Sicilia durante la Guerra del Vespro ed era stato catturato proprio da una banda di catalani durante la battaglia di Gagliano. Conosceva dunque la combattività della Compagnia e tramite Roger la ingaggiò per controllare i confini nord -dove appunto li aveva "fermati" intavolando trattative per l'ingaggio- dove premeva il suo nemico diretto, Giovanni II Ducas che in quegli anni governava sulla Neopatria, un ducato nato dalla dissoluzione del regno latino di Tessalonica, anche se a muovere le trame era l'imperatore Andronico, deciso a riconquistare i territori perduti da quel lontano 1204, anno in cui le dinastie europee si insediarono sul trono di Costantinopoli.

Sigillo della compagnia
Sigillo della compagnia

In sei mesi Gautier conquistò trenta fortezze e arrivò a un accordo di pace con Andronico. A dispetto di quanto la recente storia della Compagnia avrebbe dovuto insegnare ai contemporanei riguardo l'efferatezza con la quale i suoi appartenenti si facevano rispettare, Gautier decise di smettere di pagarli, congedando in malo modo il grosso della Compagnia tranne 200 cavalieri e 300 fanti selezionati ai quali, oltre a garantire terre e privilegi per la continuazione dei servigi, demandò l'incarico di tenere fuori dai confini del ducato il resto dei loro compagni. Immagino sappiate già cosa accadde in seguito a questa sconsiderata decisione...


Gli almogaveri e Gautier V giunsero allo scontro diretto e il 15 marzo 1311 nella pianura di Halmyros, nei pressi del fiume Cefiso, in Beozia. Consapevoli della superiorità tattica della cavalleria di stile franco guidata dal duca di Atene i reparti della Compagnia catalana si schierarono dietro un acquitrino così esteso che non c'era modo di aggirarlo -e secondo i cronisti Muntaner e Niceforo Gregoras creato artificialmente deviando il corso del fiume-. Quando i franchi arrivarono il contingente turco della Compagnia si rifiutò di scendere in campo sospettando che la battaglia campale fosse una scusa per eliminarli tutti. In compenso, però, in un esprit de corp davvero notevole, i cinquecento almogaveri rimasti al soldo di Gautier disertarono allegramente per ricongiungersi con i vecchi compagni. Roger rimase fedele al duca franco e combatté al suo fianco (sarà uno dei pochi superstiti fra i cavalieri e, catturato, venne "perdonato" e nominato rector et marescalcus universitatis dai catalani vittoriosi).

Per quanto riguarda le dimensioni degli schieramenti si parla di circa 6.000 combattenti della Compagnia contro almeno il doppio fra cavalieri e fanti al comando di Gautier. Va detto che dopo venti anni di combattimenti pressoché continui la componente etnica iberica della Compagnia era andata assottigliandosi e che il numero di guerrieri rimase più o meno stabile grazie al reclutamento continuo. Bulgari, turchi, epiroti, greci, traci e decine di altre differenti culture si trovarono unite sotto gli stendardi della Compagnia, apprendendo dai veterani i fondamenti del loro modo di combattere basato sulla velocità, sulle armi da getto e sulla determinazione nel compiere lavori di pura macelleria nel corso degli scontri.

Il terreno difficoltoso smorzò la carica di cavalleria al punto che l'impatto con le linee catalane fu del tutto insignificante. Lo schieramento di punta di Guatier si frammentò in piccoli gruppi incapaci di difendersi con efficacia dal modo di combattere violento ed estremamente mobile degli almogaveri. A dare il colpo di grazia, presumibilmente in concomitanza con l'attacco anch'esso molto lento della fanteria franca, intervennero i turchi che convinti dall'evidenza dei fatti della buona volontà dei catalani attaccarono sul fianco e sul retro la massa di combattenti pesanti e impacciati del ducato di Atene. Fu una vittoria completa, Gautier e quasi tutti i grandi baroni del ducato perirono quel giorno sul campo. I Catalani si impossessarono delle città e delle fortezze dell'Attica e della Beozia prendendo in spose le vedove degli uomini che avevano massacrato. In cerca di legittimità, inoltre, pregarono Federico III d'Aragona, vincitore della Guerra del Vespro, di accettare l'omaggio formale e di inviare qualcuno a governare formalmente le terre conquistate. Federico nominò il suo secondogenito Manfredi, di cinque anni, Duca di Atene e inviò Alfonso Fadrique per svolgere fattivamente gli incarichi di governo.

Sarà un avventuriero, Neri Acciajuoli, nel 1388 a porre termine al dominio catalano. Ma questa è un'altra storia che prima o poi vi racconterò.




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