I cavalieri normanni, eccellenza militare del Medioevo, sembrano essere ammantanti da un’aura di invincibilità. Ovviamente qualche battuta d’arresto non è certo mancata, durante tutta la loro epopea, come nel caso della battaglia di Canne nel 1018 (anche se, a onor del vero, là erano solo un contingente mercenario al soldo del vero sconfitto ,Melo di Bari) o in Oriente nel 1108 quando Boemondo dovette arrendersi al basileus Alexio Comneno o prima ancora a Militene dove sempre lui, il Boatus Mundi, venne sorpreso e battuto dai Turchi danishmendidi, che lo catturarono.
In un discorso che abbraccia più di due secoli, però, in ogni luogo la cavalleria pesante degli uomini del nord abbia fatto risuonare il terreno con le sue cariche, combattendo regolari battaglie campali, la vittoria le ha arriso.
Ma è davvero così? Non proprio.
C'è un fatto d’armi in cui i Normanni vennero sonoramente sconfitti e che ebbe notevoli conseguenze sulle loro mire espansionistiche. Oltretutto, come a volte accade in questi casi, a un evento già di per sé straordinario se ne accompagna un altro di non inferiore meraviglia. Nelle cronache di questa débâcle normanna, infatti, viene menzionato per la prima volta l’utilizzo operativo e determinante di un’arma che conoscerà un’enorme fama nei secoli successivi: l'arco lungo.
Incredibile poi il fatto che non stiamo parlando di un’imboscata o di uno scontro con numeri talmente sfavorevoli da esserne praticamente certo l'esito. Al contrario, i Normanni vi presero parte con forze pari se non superiori agli avversari e si trovavano addirittura in una posizione strategica di vantaggio. Incredibile, vero? Andiamo a scoprire cosa accadde nel dettaglio. Spostiamoci nel teatro operativo.
Eccoci in Galles, alla fine dell’estate del 1136, tra i mesi di settembre e ottobre. Ci troviamo nella parte occidentale del paese, precisamente nella contea costiera del Ceredigion, a pochi chilometri a nord est di Cardigan.
Siamo nei pressi della collina conosciuta come Banc-y-warren, non molto distante da Penparc. Un rilievo dalla caratteristica forma conica molto regolare, tanto da sembrare una grande motta castrale anche se è assodata la sua origine naturale. La collina è conosciuta in quel tempo come Crug Mawr (Grande tumulo, proprio per via della sua forma) ed è lì che la nostra storia si svolge.
All’alba della conquista normanna dell’Inghilterra anglosassone, l’area che noi conosciamo oggi come Galles è divisa tra principi, re e potenti signori discendenti dei Britanni fuggiti verso ovest di fronte all’avanzata delle popolazioni Sassoni, Angle, Jute a seguito dell’abbandono dell’isola da parte dei Romani. La guerra è sempre stata una costante in questi luoghi e sebbene regni di una certa importanza riuscirono a divenire abbastanza potenti da poter avere una sorta di politica estera ante litteram con i vicini regni anglosassoni, con gli Scoti e con i Norreni, non ci fu mai un regno unitario. Questa situazione creò due dei presupposti per il quasi immediato interessamento della nobiltà normanna verso il Galles. Anzitutto, la debolezza politica e militare sembrava far presagire una rapida conquista. Dobbiamo infatti tenere a mente che Guglielmo il Conquistatore si era trovato, all’alba del suo trionfo, a dover gestire e collocare una nuova nobiltà nel suo nuovo regno. Il suo seguito armato andava ricompensato e se parliamo di “seguito armato”, allora non possiamo non pensare alle decine di giovani, giovanissimi, cavalieri alla ricerca di una sistemazione degna di essere cantata nel poema della loro famiglia. Inoltre, le continue scorrerie dei gallesi dalle montagne delle loro terre verso le fertili pianure anglosassoni (ora normanne) non erano mai cessate. Pacificare l’area e, al contempo, ricavare nuovi territori da assegnare agli armati, era una delle priorità normanne sin dal principio del loro insediamento in Inghilterra.
I Normanni penetrarono in profondità nel territorio gallese ma senza riuscire a aver ragione della sua popolazione. Si vennero così a creare delle enclavi pesantemente militarizzate sotto il loro controllo, delle Marche (e, infatti, si formò nel tempo un’aristocrazia di confine detta dei Lord della Marca, nobili ai quali i re inglesi garantivano un’ampia autonomia nella gestione dei propri feudi al confine con i potentati gallesi). Chiaramente, ai fieri abitanti delle montagne e delle strette valli del Galles questa situazione non era per nulla gradita. La continua tensione sfoca in sollevazione aperta nel 1135, quando, morto re Enrico I, gran parte delle forze normanne nell'area ritornano in Inghilterra per garantire l'ascesa di Stefano di Blois. L’anno successivo, le forze gallesi del Powys, guidate da Hywell ap Maredudd, sconfiggono i Normanni nella penisola di Gower nella battaglia di Llwchwr nel 1136. Una battaglia decisa dall’enorme superiorità numerica dei gallesi e, come detto in premessa, la forte di disparità numerica non deve lasciare meravigliati se i Normanni sono stati battuti.
L’intera regione del Ceredigion rischia di cadere nella mani dei Gallesi. Il suo signore, il Lord della Marca Gilbert fitz Richard de Clare rientra frettolosamente per prendere provvedimenti, ma solo per cadere in un'imboscata dove viene ucciso dagli uomini di Iorwerth ab Owain, nipote di Caradog ap Gruffydd, principe del Gwent, non molto distante da Abergavenny. La notizia di questo inaspettato successo alimenta la ribellione e Gruffudd ap Cynan, sovrano del Gwynned, invia suo figlio, Owain ap Gruffudd, ad attaccare gli insediamenti e i castelli normanni. Il castello di Aberystwyth cade, e il castello di Cardigan è l'unico baluardo degno di questo nome rimasto nel Ceredigion.
È per il suo possesso, o la sua distruzione, che i contendenti si stanno per scontrare.
Le forze in campo
Le forze gallesi combinate si dirigono verso la città di Cardigan. Un’analisi delle fonti dell’epoca fa ipotizzare in circa seimila i fanti e un migliaio i cavalieri, quasi tutti meno corazzati e formidabili degli equivalenti normanni. Quel che fa la differenza, nel contingente gallese, è l’alto numero di uomini armati con archi da guerra, quegli archi lunghi che conosceranno incredibile fama nei secoli successivi.
I Normanni che si apprestano a fermare l’esercito nemico sono guidati da Robert fitz Martin, supportato dal conestabile di Cardigan, Robert fitz Stephen ai quali si uniscono le forze dei fratelli William e Maurice fitz Gerald, di Lanstephan. La stima più solida, tra le fonti che ho consultato e che troverete in fondo all’articolo, è di circa settemila fanti tra mercenari fiamminghi e popolazione locale reclutata con una leva forzata e un migliaio e più di cavalieri professionisti della guerra. Con una preparazione strategica degna di tale nome, i soli cavalieri avrebbero potuto vincere la giornata come i fatti d’armi nel Meridione d’Italia ci ricordano. Quel giorno del 1136, però, le cose vanno in maniera molto diversa.
La battaglia
In una breve cronologia, composta a Neath nel XIII secolo e appendice degli Annales Cambriae, abbiamo un resoconto molto tecnico della battaglia. I Normanni si organizzano per sbarrare la via all'esercito nemico, dato che l’obiettivo strategico dell’avanzata gallese è la città fortificata di Cardigan. Il territorio è già stato saccheggiato in precedenza e dunque, per la coalizione gallese non ci sono molte alternative: devono attaccare la città, e prima battere l’esercito nemico in marcia verso di loro, oppure non possono fare altro se non rientrare mesti nei propri confini e congedare gli armati. Ma come potevano ritirarsi, dopo aver ottenuto l’iniziativa strategica? Un’occasione come quella che stanno vivendo non sarebbe ricapitata tanto facilmente: il Lord della Marca è morto e le forze messe in campo dai Normanni sono tutto ciò che rimane loro nell’area.
Da parte loro, i Normanni appaiono subito consapevoli di questo e si attestano lungo la direttrice di marcia dei Gallesi sul colle noto come Crug Mawr che, come si nota nelle immagini sottostanti, somiglia a una enorme motta castrale. (La seconda fotografia mostra la collina vista dallo schieramento gallese)
Pare che l’abbiano anche fortificato in qualche modo, con rabberciati ostacoli e basse palizzate dato che non abbiamo evidenze archeologiche di più complessi sistemi difensivi. Il comandante normanno Robert fitz Martin non è propriamente uno sciocco. Il suo piano ha due possibili sviluppi. Se possibile, desidera provocare un’insensata carica dei focosi nemici gallesi lungo l’erta collina, per poi schiacciarli una volta sfiniti, oppure provocare uno stallo nella loro marcia per poi approfittare della posizione elevata per caricare contro la formazione avversaria e disperderla. Schiera in prima linea la fanteria e nella retroguardia la cavalleria, probabilmente per provocare l’attacco in salita come da lui sperato e preservare la sua forza principale, i milites, per il colpo decisivo.
I Gallesi, però, non hanno intenzione di sprecare il vantaggio che gli archi lunghi concede loro. Li utilizzano ammassati, in una maniera che forse, nelle scaramucce che hanno preceduto questa battaglia, non si era mai vista. La loro cavalleria è alle ali, non in un unico blocco per contendere il campo alla cavalleria normanna o per attaccare come selvaggi il terreno elevato.
La battaglia inizia con il lancio fittissimo da parte degli arcieri gallesi contro la fanteria normanna in mezzo alla quale sono forse presenti a loro volta dei lanciatori ma senza che questi possano essere in alcun modo efficaci. Duemila, forse tremila, arcieri compatti contro uno schieramento di sei o settemila uomini significa tre bersagli massimo per ogni arciere. È subito strage! La prima linea normanna si sbanda, cede, i morti, i feriti e i moribondi levano le loro grida al cielo. I ranghi si aprono e senza lo schermo di fanti, saranno i cavalieri i prossimi bersagli dei micidiali arcieri. Robert fitz Martin, preoccupato da ciò, ordina la carica e ormai non c’è nulla del piano originario. Al contrario, sono i Normanni a doversi lanciare in un assalto selvaggio e disperato. A volte andò loro bene ma stavolta il nemico non è impreparato né, come i più speravano, già fiaccato dal primo urto delle fanterie. L’intero schieramento gallese attende l’arrivo dei cavalieri che si lanciano coraggiosamente all’attacco nonostante la situazione critica. Gli arcieri gallesi fuggono dietro i lanceri che resistono all’urto, anche grazie a un rilievo di minore elevazione del Crug Mawr ma non meno efficace allo scopo. Spesso è a questo punto che i Normanni mostrano la loro forza, raggruppandosi per nuovi vigorosi assalti ma la collina, la maledetta collina da cui sono discesi e il suo ripido declivio, sono contro di loro. Non c’è modo di risalirla con i destrieri già provati. E poi, non c’è nessuno schermo di fanteria dietro al quale tirare il fiato, ricompattare i conroi e lanciarsi di nuovo all’attacco. In quel momento, la cavalleria gallese carica l’equivalente normanna sui fianchi, provocando una rotta impossibile da fermare.
I reparti di fanteria normanna, raggruppati alla meglio e inviati a dare manforte alla cavalleria vengono travolti sia dagli alleati che dai loro inseguitori. Il panico è ormai irrefrenabile. Inizia una rotta disperata verso la salvezza delle mura di Cardigan ma il ponte sul fiume Teifi, proprio lungo la via, cede sotto il peso dei fuggiaschi e moltissimi sono muoiono annegati tra quanti cercano scampo dalla furia nemica gettandosi nel fiume. I sopravvissuti raggiungono la città di Cardigan sperando nella solidità delle sue fortificazioni ma i Gallesi non hanno intenzione di indugiare in un lungo assedio. Danno fuoco alle mura, e l’incendio si propaga all’intera cittadina, i cui edifici di legno si trasformano in pire funebri per gli occupanti. Quasi tutto l’abitato è ridotto in cenere e solo il castello, saldamente in mano allo sconfitto comandante normanno, resiste al fuoco e a un successivo assalto. I Gallesi si ritirano lasciandolo inviolato custode delle rovine di Cardigan. La potenza normanna nell’area è ormai distrutta.
Conseguenze
Pur se relativamente sconosciuta, la battaglia è una vera e propria batosta per i Normanni e segna una significativa battuta d'arresto alla loro espansione in Galles. Il Ceredigion viene annesso al Gwynedd che è già il membro più potente della coalizione e ora evolveva in qualcosa di più di un potentato locale. Owain diviene re del Gwynedd alla morte di suo padre e amplia ulteriormente i confini del suo regno. Nel Deheubarth, Gruffydd ap Rhys muore in circostanze incerte nel 1137 (ne parlerò in separata sede), evento che permette ai Normanni di recuperare parzialmente la loro posizione nel sud. Rhys ap Gruffydd, del Deheubarth, in ogni caso, lo riconquisterà per il suo regno durante la guerra del 1165-1170.
Occorrerà più di un secolo al la corona inglese per tornare nel Galles in maniera decisiva.
Bibliografia minima
- The Breviate Chronicle: Annales Cambriae, B text. National Archives MSE164/1. pp. 2–26. Edizione del testo a cura di Henry Gough Cooper, 2015
- A history of Wales from the earliest times to the Edwardian conquest di John E. Lloyd, 1911
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