Dal nulla alla corte del re: l’incredibile ascesa di tre cavalieri normanni nel Medioevo inglese
- Giovanni Melappioni

- 15 mag
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 16 mag
"Non ho nome che pesi, né terre da vantare. Solo il mio onore, la mia spada, e ciò che sono diventato grazie a essa."— Guibert, Terra Straniera
Nel romanzo Terra Straniera, Guibert incarna l’archetipo del cavaliere errante che, pur privo di lignaggio e fortuna, riesce a imporsi per valore e determinazione. Quello che sembra un mito letterario ha radici ben piantate nella storia e oggi vi racconto dell'episodio vero che mi ha ispirato. Nell’Inghilterra del XIII secolo, tre uomini, compagni d'arme e sodali — Hugh de Plessis, Nicholas de Bolleville e Drogo de Barentin — compirono un’ascesa impressionante, partendo da una condizione di totale oscurità. Non godevano di alcuna eredità, non appartenevano a nessun grande casato eppure, riuscirono a salire fino ai vertici della scala sociale.

Tre anonimi cavalieri normanni
Quando nel 1222 i registri reali inglesi menzionano per la prima volta i tre cavalieri normanni, Hugh, Nicholas e Drogo, si tratta di un’annotazione marginale: venti marchi concessi a tre cavalieri al seguito dello sceriffo di Cumberland. Un semplice compenso, nulla più, per un servizio di masnada. Eppure quel documento segna l’inizio di una carriera condivisa che li porterà a ricoprire alcuni dei ruoli più delicati e prestigiosi del regno di Enrico III.
I tre non erano legati da sangue, ma da sorte comune. Nessuno di loro possedeva terre in Inghilterra, e probabilmente non ne avevano più nemmeno in Normandia, da cui provenivano come esuli dopo la caduta del Ducato. PErfetti sconosciuto, riuscirono a entrare nei meccanismi del potere grazie alla loro duttilità: erano utili, affidabili, capaci di servire con intelligenza sia in guerra che nella burocrazia reale.
Le chiavi del successo
Il primo segreto del loro successo fu la fedeltà al re. Non una fedeltà cieca, ma calcolata e costante. A partire dagli anni ’20 del Duecento, i tre compagni compaiono frequentemente negli incartamenti reali come destinatari di incarichi e benefici: missioni diplomatiche, custodia di castelli, ruoli amministrativi, e, nel caso di Drogo, persino l'incarico di siniscalco di Guascogna.
Erano uomini di fiducia in un’epoca in cui i re avevano bisogno di agenti leali, soprattutto in un contesto di lotta con i baroni sempre riottosi e di debolezza intrinseca della monarchia. Quando Enrico III assunse il potere effettivo, questi cavalieri si trovarono nel posto giusto, al momento giusto, e seppero approfittarne.
Un secondo fattore fu la versatilità. Non erano semplici uomini d’armi. Sapevano trattare, scrivere, amministrare. Nicholas fu inviato più volte all’estero come ambasciatore. Drogo fu ambasciatore presso il Papa, gestì castelli in zone calde come la frontiera gallese e fu incaricato di riscuotere tributi. John de Plessis, probabilmente figlio di Hugh, divenne persino conte di Warwick, grazie a un’abile combinazione di matrimonio e fedeltà alla corona.

La forza dell'amicizia d'arme
Anche se la storia li registra spesso insieme, i tre non furono mai un'unità monolitica. Tuttavia, formarono una rete di reciproca fiducia e appoggio. Agivano spesso in coppia o in trio: testimoniavano atti ufficiali insieme, condividevano benefici reali, comparivano negli stessi castelli, partecipavano alle stesse missioni.
In un’epoca in cui il clientelismo e il favore erano la moneta corrente del potere, presentarsi come gruppo compatto, utile e collaudato, fu una carta vincente. Nessuno dei tre venne mai travolto da accuse di slealtà, malgoverno o eccessiva ambizione: sapevano come stare al loro posto — mentre salivano la scala sociale un gradino alla volta.
I matrimoni strategici
Un elemento chiave dell’ascesa sociale di tutti e tre fu il matrimonio.
John de Plessis ottenne la contea di Warwick sposando Margery, erede dell’ultimo conte. Il matrimonio fu fortemente voluto dal re, e consolidò la posizione di John come grande feudatario.
Nicholas sposò Avice de Bréauté, vedova e parente di un potentissimo alleato del re. Da lei ottenne terre temporanee, poi trasformate in possedimenti stabili. Anche suo figlio William si sposò con un’ereditiera, accrescendo il patrimonio della famiglia.
Drogo seguì una strada simile, ma non sulla sua persona. Forse più anziano degli altri e già sposato, fece sposare suo figlio William con la figlia di William de Blanchminster, ottenendo il controllo di ricchi benefici e feudi rurali.

Terra, potere e memoria
Alla fine della loro parabola, i tre cavalieri avevano ottenuto molto di più di quanto si potesse immaginare all’inizio del secolo. Possedevano terre ereditarie, castelli, diritti di mercato, cariche pubbliche e, soprattutto, discendenti legittimati a succedergli.
Il loro nome non scomparve con loro. Le famiglie dei Plessis, Bolleville (poi Bonville) e Barentin continuarono a prosperare per almeno due secoli. Alcuni finiranno tra i baroni della guerra delle Due Rose. Altri entreranno nei ranghi dell’alta aristocrazia inglese. Nessuno ricorderà più che erano partiti senza nulla.
La storia di questi tre umili uomini d'arme assurti ai più alti livelli dell'aristocrazia è emblematica della mobilità sociale del Medioevo, troppo a lungo descritta come granitica in un affresco di un'epoca statico e inamovibile, quasi di "casta". Certo, difficili, spesso pericolose, eppure c’erano delle eccezioni. Se avevi abilità, sangue freddo e una dose di fortuna, potevi scalare l’intero sistema.
Una lezione amara e affascinante insieme. E un perfetto contrappunto alla figura di Guibert, che cammina da solo, senza alleati né favori, ma con lo stesso fuoco dentro e -forse (scrivo nel 2025 prima del suo ultimo romanzo)- un destino altrettanto radioso.
"Il destino è cieco, ma dovrà riconosce la mia tenacia." — Terra Straniera I romanzi di Guibert
ti attendono.
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