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Mercenari, avventurieri, briganti: alimentare la guerra medievale


Se mi seguite da qualche tempo, sapete bene quanto mi sia speso, con le mie ricerche e i miei romanzi, nel tentativo di delineare al meglio il fenomeno della guerra medievale.

guerra medievale guerrieri schierati

La realtà della guerra medievale è brutale, cruda e decisamente meno cavalleresca di quanto si possa credere, fatta di caos e di gesti simbolici che possono sfuggirci nel loro significato più profondo. In tutto questo i mercenari avevano un ruolo fondamentale ben prima della grande epoca delle Compagnie di Ventura. Erano combattenti professionisti che non combattevano per la gloria, bensì per denaro, e la loro presenza cambiò profondamente il modo di fare la guerra soprattutto durante tutto il XIV secolo quando per diverse cause, prime tra tutte l'aumento della popolazione europea e il grande conflitto conosciuto come Guerra dei Cent'anni, il numero di combattenti prezzolati crebbe in maniera esponenziale tanto da trovarne un utilizzo pressoché costante in tutti i conflitti, anche quelli a minore intensità. Proprio del loro impiego nelle dispute minori, squisitamente feudali, vi parlo oggi.


Il moltiplicarsi delle guerre private. Il nocciolo della guerra medievale


Justine Firnhaber-Baker, nel suo studio sulle tecniche di guerra signorili del sud della Francia, ha messo in luce come tra il 1300 e il 1400 i signori locali siano scoppiate almeno 59 guerre documentate, forse più di 70. Si trattava di conflitti nati per rivendicazioni ereditarie, contese su castelli, diritti fiscali o giurisdizionali. Guerre che non avevano nulla di "epico" e tutto di estremamente pratico: potere, terra, prestigio e, non ultimo, risorse economiche.

guerra medievale battaglia di Poitiers

Questi signori, però, non avevano né l’apparato fiscale né la burocrazia per mantenere eserciti stabili. Le loro scarse masnade non potevano certo sostenere un contenzioso che andasse oltre qualche agguato e poche scaramucce. Però, dopo il 1356, con la disfatta francese a Poitiers e la pace temporanea che ne seguì, la Francia fu invasa da "compagnie libere": soldati rimasti senza impiego e pronti ad affittare le proprie lame al miglior offerente. Da quel momento, l’ingaggio di mercenari divenne prassi comune per i nobili impegnati in guerre locali.


Gli ingaggi: contratti, patti e ambiguità


Le fonti parlano chiaramente: molti signori stipulavano veri e propri contratti, a volte orali, con capi compagnia. I termini potevano includere paga fissa, parte del bottino, diritto di occupazione temporanea di castelli e la gestione diretta delle razzie. A volte, i mercenari diventavano di fatto autonomi, passando dal ruolo di subordinati a quello di alleati opportunisti e poi veri e propri vessatori anche della parte che li aveva ingaggiati. (E se questo vi ricorda la mia trilogia "Il Giglio e il Grifone", siete nel giusto. Presi proprio spunto da fatti reali, ovviamente poi adattati e romanzati, per la parte in cui arrivano Higounet e i suoi brabantini!)

romanzi storici medievali

Stephen de Vissac, ad esempio, fu uno di questi signori che tra gli anni '60 e '70 del Trecento fece largo uso di mercenari. Le fonti lo accusano di aver dato rifugio nelle sue rocche a compagnie armate di dubbia provenienza, trattandole come "suoi familiari e servitori", ossia come masnadieri veri e propri, trasformando il proprio castello in una base per attacchi e razzie su scala locale.


Il mestiere delle armi: tra disperazione e opportunità


Chi erano questi mercenari? Spesso uomini giovani, con esperienze militari maturate nei grandi eserciti regi, disoccupati a causa di tregue o disfatte e senza una vita civile alla quale tornare. Il documento che racconta della compagnia di Petit Meschin ci mostra un esempio paradigmatico: uomini spinti dalla necessità economica, disposti a combattere per chiunque, spesso anche cambiando fronte in base al compenso.


Altri, come Galhardon, un piccolo scudiero del Quercy, si unirono a compagnie di ventura perché il loro feudo era stato distrutto, i coloni fuggiti, e non avevano più rendite. Scrive nella sua lettera di remissione: "non aveva altrove di che vivere, né mezzi per sostenere il proprio stato, che già era ben misero". Non banditi, dunque, ma uomini inseriti in una rete di relazioni signorili fluida, in cui il mestiere delle armi era una delle poche opzioni praticabili.


Le razzie: l’arma dei poveri e dei professionisti


La guerra dei piccoli signori non si combatteva in battaglia campale. Era una guerra di devastazione sistematica. Le "chevauchées", o cavalcate, erano incursioni veloci e brutali, volte a distruggere campi, bruciare raccolti, abbattere vigne e alberi, uccidere o rapire contadini. Tutto per fiaccare economicamente il nemico e portarne via risorse, oltre a delegittimarne il potere, mostrando ai sudditi che non era in grado di difenderli.

Un esempio significativo: nel 1362, il visconte di Lautrec, assediando un castello per soli tre giorni, mise a ferro e fuoco l’intero circondario, distruggendo perfino lo scranno riservato per la moglie del suo nemico nella chiesa locale. Un gesto dal valore fortemente simbolico.

Dallo stesso archivio scopriamo che nel 1394, il visconte di Villemur rubò migliaia di capi di bestiame, e i suoi uomini bruciarono mobili e porte per cucinare la carne degli animali appena razziati. Una crudeltà che non era gratuita: era sistema.

guerra medievale saccheggi

Riscatti e violenze: il "pizzo" medievale


Un’altra pratica abituale era il rapimento a scopo di riscatto. Ma non solo dei nobili: a partire dalla seconda metà del secolo, anche i contadini divennero oggetto di cattura e tortura per ottenere denaro. Le fonti parlano di persone tenute prigioniere, seviziate ("diversis tormentis") fino a quando le famiglie non pagavano per il loro rilascio. Un documento del 1400 ci parla di contadini "crucifixeri" (crocefissi o inchiodati agli alberi) dai partigiani di una guerra signorile nel Gers.


L’intensificarsi di queste pratiche coincide quasi perfettamente con l’aumento degli ingaggi mercenari. Le compagnie portavano con sé abitudini violente e razionali: il riscatto era reddito sicuro, molto più di una battaglia rischiosa. Non sorprende che la guerra privata degenerasse in racket locale.


Dalla difesa all’ambizione: il ruolo dei piccoli signori nella guerra medievale


Nel tempo, l’impiego di mercenari cambiò anche il profilo dei feudatari. Se prima la guerra era un mezzo per difendere diritti o rivendicazioni, ora diventava anche un’opportunità per espandere il proprio potere. Alcuni signori inferiori, ingaggiando compagnie ben addestrate, riuscirono a spingersi oltre i propri limiti territoriali.

Emblematico è il caso della borghese Mura Causit, che negli anni Sessanta del Trecento assoldò un certo le Negre e la sua banda per conquistare un castello conteso con la sorella. Una donna di modesta origine signorile che, grazie a un contratto mercenario, si lanciò in una guerra privata nel pieno stile delle grandi casate feudali.


La degenerazione: da signori della guerra a predoni


Il sistema, però, sfuggiva facilmente di mano. Molti capi compagnia, una volta terminato il contratto o vista l’opportunità, si trasformavano in autonomi predoni. Alcuni, come John Hawkwood in Italia, seppero convertire la loro forza in prestigio e potere, diventando condottieri stipendiati da stati. Altri, più spesso, finivano per devastare indiscriminatamente, rendendo insicura ogni campagna, divenendo di fatto nient'altro che briganti.


La presenza di queste compagnie costrinse spesso le autorità regie a intervenire, ma con scarso successo. I divieti sull’uso di baliste, con lo scopo di rendere illegali gli ingaggi di compagnie di specialisti in guerra d'assedio, e altri armamenti nei documenti legislativi, l’espulsione dei "latrunculi" (termine latino usato per indicare i mercenari), erano misure deboli e raramente applicate.


La guerra privata, con l’appoggio delle compagnie di ventura, diventava così una pratica pervasiva, difficile da distinguere dal banditismo vero e proprio.


Guibert e la linea sottile tra cavaliere e mercenario


In Terra Straniera, Guibert si muove in questo paesaggio di guerra endemica. Non è un mercenario nel senso tecnico, ma è un uomo che vive della propria spada, accetta incarichi, protegge chi lo ingaggia, negozia la propria forza. Lo fa con onore cavalleresco ma è da sempre privo di un legame superiore, con un signore che possa non solo proteggerlo ma soprattutto legittimarlo.

Quando arriva a Civitas Nova, Guibert non si limita a difendere un castello. Assume la guida di uomini, organizza la difesa e l’offensiva, guida scelte strategiche. Emerge come figura di comando, in un contesto dove il potere si misura con la capacità di combattere, comandare e decidere. Il suo percorso riflette la realtà descritta dalle fonti: l’ascesa di individui capaci, in grado di imporsi grazie all’arte della guerra, e non a un lignaggio altisonante. Guibert è forse più etico di molti suoi contemporanei, ma il suo mondo è lo stesso. Fatto di trattative, fedeltà momentanee, minacce costanti e decisioni rapide.


L'avventura di Guibert continua nei romanzi "La Furia del Grifone", disponibile da novembre 2025 e "L'ultimo cavaliere" che vedrà le stampe nella primavera del 2026! Nel frattempo, i primi due romanzi sono disponibili e pronti a condurti nel Medioevo più vero. Clicca sull'immagine e inizia la tua avventura!

Terra straniera Giovanni Melappioni

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