Sono ancora forti le reminiscenze di un passato scolastico fin troppo sbrigativo, frutto di un’analisi obsoleta della storia medievale, che vedevano come congrua e fedele alla realtà la “piramide feudale”, l’ordinamento che dal re, in cima, fino ai servi alla base, teneva unito il mondo dalla dissoluzione dell’impero carolingio fino alla nascita degli stati nazionali. In questa ricostruzione vengono detti dunque feudatari i signori che governano dall’alto del loro castello, che sono vassalli di qualcuno di più grande e allo stesso modo hanno sotto di loro sottoposti legati in maniera verticale anche al signore del proprio signore.
Niente di più errato! Tutto quanto appena riportato descrive una situazione molto tardiva, più a ridosso della Rivoluzione Francese che all’anno Mille.
Cerchiamo di dipanare la matassa.
Iniziamo proprio dal feudum. Esso era un compenso in terre o rendite dirette che veniva concesso in cambio di un giuramento di fedeltà militare. In sostanza il feudatario non era altri che un uomo degno di fiducia, quasi sempre addestrato alla guerra, che si era legato a un potentes in grado di fornirgli un compenso per i suoi servigi. I grandi comites (conti) e i limitanei (noti a noi come marchesi) utilizzavano questo sistema per garantire un contingente professionale da affiancare alla propria schiera armata che li accompagnava. Inoltre è bene ricordare che il feudum non dava alcuna autorità al suo beneficiario e vi erano numerosi casi di legame per auxilium et consilium senza concessioni permanenti ma estemporanee o limitate nel tempo. Pensate all’addobbamento di Aroldo, l'ultimo re anglosassone, da parte di Guglielmo il Bastardo, per citare un esempio famoso di legame nobiliare. I beneficiari del feudum, non divenivano quasi mai governatori dello stesso. In pratica il feudalesimo dal X al XIII secolo non fu altro che un sistema nato all'interno di una élite e solo a essa destinato. L'applicazione generalizzata avverrà molto più tardi.
Il frammentarsi del governo carolingio in una miriade di minuscole entità indipendenti, dette curtis, in un effetto simile allo spargersi dei cristalli di vetro di uno specchio frantumatosi, è cosa certa. Ciò che è da rivedere nella divulgazione è il presunto carattere feudale (e piramidale) di tutti quei frammenti. La dispersione di poteri fu talmente grande e diffusa che non è possibile relegare questi nuovi signori nel novero degli aventi diritti di feudum, i quali rimasero una minoranza fino a quasi tutto il XII secolo. Chi governava questi frammenti di legalità non agiva in ragione di un beneficium ma di un altro tipo di potere: il banno.
Il bannitus era “colui che viene colpito dal banno”. Poteva essere un convocato in armi così come un convocato a giudizio. Il #bandito dell’epoca centrale del medioevo è colui sul quale un signore può far valere il proprio potere. Ben presto diverrà, nella terminologia corrente, il potere giudiziale quello che si farà valere sul bandito ma inizialmente la parola era molto fluida e si prestava a diverse interpretazioni. Ciò che ci interessa è che all’origine vi è qualcuno in grado di utilizzare il bandum, ossia una forza coercitiva, un obbligo all’ubbidienza alle leggi o al prestare servizio militare. Cosa sia il bandum nello specifico è ancora oggi punto dibattuto. Paolo Diacono scrisse “vexilum quod bandum appellant” facendo pensare che il bandum fosse molto semplicemente la bandiera, il vessillo, di un capo. Questi capi erano autonomi nella misura della loro forza, pronti a legarsi per mantenere il proprio potere ma anche a agire indipendenti, a governare dove altra autorità non arrivava. Sono loro quelli che si è spesso chiamati, erroneamente, “feudatari”, pensando proprio a questi signori di campagna, arroccati dentro i loro castelli, che vessavano il popolino inerme. I termini con cui sono giunti fino a noi, in fondo, la dicono lunga. Essi erano detti domini e il territorio a loro sottoposto dominatus loci. Tali terre erano in seno alle contee e ai marchesati di carolingia memoria ma di fatto furono indipendenti per il lungo periodo che va dal X al XII secolo, durante il quale si assistette alla lotta dei potenti contro questi riottosi signori che non si sentivano in alcun modo legati loro. In Italia, tra l’altro, il fenomeno di indipendenza signorile si sublimò con la tendenza mai sopita a privilegiare le città come centri di potere. Nella nostra penisola i maggiorenti più lungimiranti si incastellarono all’interno delle antiche mura oppure ne crearono di nuove, costruirono i loro castelli nelle vecchie città oppure resero città i castelli e poi lottarono contro i signori rimasti nelle campagne, per portarli dentro i centri nevralgici dell’età comunale. Questi boni homines si diedero costituzioni e governi in grado di mantenere la loro indipendenza perché tali in effetti erano davvero fin dal principio. In Francia i re capetingi dovettero lottare a lungo contro i signori di banno e l’abate #Sugerio con chiara voce ci ricorda di come Luigi VI, suo padre Filippo e Luigi VII, tutti nominalmente re di Francia, ricorsero molto spesso alle forze reclutate fra i contadini e il popolo per assediare castelli e riportare l’ordine nell’infranta gerarchia post-carolingia.
Con il rafforzarsi delle monarchie e dunque con il nascere dell’embrionale concetto di nazione i signori di banno vennero inglobati nel sistema piramidale che ben conosciamo. Fu una questione organizzativa e di controllo, perché tutti i sudditi dovevano fare capo al re e alla nobiltà sua intermediaria. In pratica il fenomeno che si continua erroneamente a chiamare feudale inizia propria quando lo si vorrebbe vedere in declino per il rafforzarsi del potere centrale. Un equivoco nato ai primordi della storiografia moderna, alla fine del settecento, quando si volle immaginare immutate le caratteristiche feudali coeve degli studiosi con quelle primordiali risalenti alla fine dell’impero carolingio. Ciò non significa che il feudalesimo non sia esistito come forma di legame fra pari, ma appare sempre più evidente che il fenomeno sia stato marginale fino al XII secolo rendendo dunque una forzatura indicare come "età feudale" i secoli centrali dell'Era di Mezzo.
Un esempio di frammentazione signorile in chiave bannale l'abbiamo nel Mâconnaise.
L’ultimo conte indipendente del Mâcon fu Alberico II (942-980 d.C.), nipote per linea paterna del primo conte. Lui e i suoi predecessori raggiunsero l’indipendenza politica quasi senza colpo ferire. Il declino del potere centrale li lasciò con la necessità, prima ancora che l’opportunità, di esercitare poteri assoluti nelle terre da loro amministrate. Fra questi poteri bannali vi era quello di costruire o riedificare castelli per tutelare il proprio patrimonio. Questi castelli, come riportano i documenti sopravvissuti fino a noi (io ho attinto dall’edizione curata da Jean Lemarignier, i cui studi, anche se ormai sorpassati, rimangono comunque un’ottima fonte bibliografica) vennero affidati a vicarii, i quali erano scelti fra il seguito guerriero del conte o proprietari fondiari. Questi, in cambio di rendite soprattutto sui transiti, si presero l’incarico di mantenere efficienti porte, camminamenti, recinti e di custodire con turni di guardia le fortificazioni.
Dalla metà del X secolo, quando era dunque in carica Alberico, i documenti d’archivio riguardanti le attività degne di registrazione iniziano a mostrare una tendenza davvero particolare. In alcune zone il conte aveva perso il potere di banno! Un signore castellano qui, un vicario di là, si arrogarono delle libertà nuove. Iniziarono a esercitare la giustizia a livello locale, a volte davvero non oltre il recinto della loro fortificazione. Spesso entrarono in contrasto gli uni contro gli altri e a volte si unirono contro il conte per far rispettare diritti che ormai giudicavano propri. Monasteri come Tournus o il celeberrimo Cluny diventarono di fatto indipendenti proprio in questo momento; e con motivazione, tra l’altro, dato che avevano ereditato loro il concetto di centro di vita sociale che le corti regie stavano perdendo. Avevano inoltre enormi immunità, e dal momento che la stasi, soprattutto decisionale, avrebbe danneggiato tutti quanti presero le redini della situazione trasformandosi in signorie di banno di stampo monastico.
Non vi sono accenni alla feudalità in questo processo di frammentazione. Il conte Alberico perse il controllo politico delle sue terre per cause storiche neanche tanto eccezionali -la Borgogna che cresceva di potere, la sua incapacità politica nelle questioni interne ecc.- ma chi deteneva un potere a nome suo non doveva nulla al re o a chissà chi altri in una catena di poteri.
Fu una rete sociale/politica quella che si smagliò sotto la sua stessa pressione, non una piramide.
Fonti principali
G. Albertoni, Vassalli, feudi, feudalesimo
G. Castelnuovo e M. Varanini con il poderoso Le aristocrazie dai signori rurali al patriziato.
R. Laffont, Lombardia feudale.
F. Menant (a cura di) I Capetingi.
G. Duby, l'economia rurale nell'Europa medievale.
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