top of page

Cavalleria medievale e combattenti prezzolati: un problema di distinzione sociale



cavalieri medievali

Non tutti gli uomini a cavallo sono cavalieri


Nel XII secolo, un miles poteva essere tanto un aristocratico quanto un tizio di bell’aspetto a cavallo con un contratto a termine. Il confine era sottile. I termini usati nelle fonti – miles, eques, serviens – erano fluidi, a volte sinonimi, altre volte no. Qualcosa, però, iniziava a cambiare. Da metà del secolo appartenere alla cavalleria medievale non equivaleva più assolvere, esclusivamente, una funzione militare, ma appartenere a un’identità sociale che cominciava a definirsi e cristallizzarsi.


E come ogni identità sociale, anche questa nasceva dalla necessità di escludere qualcun altro.


Un sistema in costruzione: norme, equipaggiamenti e privilegi


Prendiamo l’esempio del re Enrico II d'Inghilterra. Il re aveva subito capito che la guerra si combatteva con chi ti è utile, non necessariamente con chi ha un “pedigree”. Ma per i nobili anglo-normanni, vedere il proprio rango confondersi con quello di un rozzo stipendiarius pagato a giornata non era affatto accettabile. Non solo condividevano le campagne militari con questi combattenti identici a loro per equipaggiamento e tattiche, anche se privi di blasone e onore -poca roba, se consideriamo la realtà di uno scontro all’arma bianca, dove il sangue, il fango e la sofferenza accumunavano tutti.

La cavalleria nobiliare non resta a guardare. Si difende, giuridicamente, formalizzandosi. Codificandosi. Facendosi riconoscere dalla legge, dalla burocrazia e anche dalle apparenze. E ne abbiamo le testimonianze. Quella che fin troppo spesso è stata considerata un’epoca rozza, priva di cultura, quasi basata su accordi verbali e baratto a dar retta a certi testi neanche troppo in là nelle annate scolastiche, era invece caratterizzata da una grandissima attenzione alla codifica, alla regolamentazione, alla giusta collocazione di ogni suo elemento.


cavalleria medievale investitura

Nel caso specifico del nostro studio, ecco alcuni eclatanti esempi!


1. Assise di Clarendon (1166)

Per la prima volta il termine miles viene riconosciuto formalmente come categoria distinta. La cavalleria entra nella sfera del diritto e si separa dal resto dei combattenti a cavallo. È un primo passo verso la legittimazione giuridica dello status. V

ediamo in dettaglio cosa accade nell’Assise

L’Assise di Clarendon fu emanata da Enrico II d’Inghilterra come riforma giudiziaria e amministrativa. Il suo scopo principale era rafforzare l'autorità del re nella giustizia criminale, attraverso l’introduzione dell’accusatio pubblica mediante giuramento (presentment), affidata a giurati locali. Ma c’è un passaggio che riguarda anche la mobilitazione militare e la distinzione tra uomini armati.


Il punto chiave: la menzione dei milites


Nel testo si ordinava che l'accusa di crimini gravi, come omicidio o furto, fosse rappresentata, ciascuno secondo i propri costumi, da membri del popolo (liberi homines), da visconti, baroni e, ecco la nota, cavalieri (milites):


"Et similiter faciunt vicecomes et barones et milites et liberi homines in suis hundredis et suis maneriis."(Cap. 15, ed. Stubbs, Select Charters)


Questa distinzione linguistica e funzionale mostra che il cavaliere (miles) è ormai considerato un soggetto giuridico distinto, parte integrante dell’amministrazione regia — non più solo un guerriero, ma anche un membro riconoscibile della società responsabile del mantenimento dell’ordine pubblico.


Perché è importante

  1. Non fu una codifica esplicita dello status cavalleresco (non è un’“assise sulla cavalleria”).

  2. Era però una formalizzazione funzionale: il miles è trattato in modo differente da altri uomini liberi (liberi homines), e al pari dei baroni, ossia appartenenti alla nobiltà.

  3. Fu un passaggio intermedio tra il cavaliere come semplice combattente e il cavaliere come categoria sociale dotata di privilegi, responsabilità e aspettative legali specifiche

 

2. Assise delle Armi (1181)


Nel 1181, Enrico II d’Inghilterra emanò l’Assise delle Armi, un provvedimento che, pur presentandosi come un semplice regolamento per l’equipaggiamento militare dei sudditi, si rivelò in realtà uno strumento fondamentale per la classificazione giuridica, fiscale e simbolica degli uomini in armi. Più che un atto militare in senso stretto, fu un momento decisivo nella costruzione dello status cavalleresco come categoria distinta e gerarchicamente riconosciuta.


L’Assise obbligava tutti gli uomini liberi del regno a possedere armi e armature proporzionate al loro rango e al valore delle loro terre o beni mobili. Il testo divideva i soggetti in fasce patrimoniali, ciascuna associata a un equipaggiamento minimo obbligatorio:

  • Chi possedeva beni per 16 marche d’argento o più doveva avere corazza completa (usbergo a manica lunga, gambali di anelli di ferro, camaglio), elmo, scudo e lancia: l’equipaggiamento del cavaliere completo (miles).

  • Chi possedeva meno, ma almeno 10 marche, doveva avere un usbergo corto o almeno un gambesone, elmo, lancia e coltello.

  • I cittadini e borghesi liberi con beni inferiori, ma comunque liberi, dovevano almeno possedere un giaco, elmo, lancia o arco e pugnale.


 Perché è importante

L’Assise non creò la cavalleria, ma cristallizzò la sua esistenza come categoria sociale e fiscale riconoscibile soprattutto perché funzionò come una mappatura militare-fiscale del regno: il suddito chi aveva ricchezza doveva anche contribuire con le armi, e chi era miles per ricchezza, lo era anche per diritto. L’Assise delle Armi fu uno dei primi strumenti concreti con cui lo Stato separò il cavaliere dal resto dei combattenti:

  • La cavalleria divenne sempre più una classe fiscale, legale e sociale, non solo una funzione militare.

  • L’obbligo di mantenere un certo tipo di armamento vincolava ricchezza e guerra, rendendo la nobiltà armata una realtà “riconosciuta” anche dai registri reali.

 

torneo medievale

3. La regolamentazione dei tornei del re Riccardo. Categorie per la cavalleria medievale


Nel 1194, re Riccardo Cuor di Leone, appena tornato in patria dopo la lunga prigionia in Germania, autorizzò ufficialmente lo svolgimento di tornei in Inghilterra. Si trattò di un cambiamento importante rispetto alla politica del padre, Enrico II, che aveva vietato tali manifestazioni temendo disordini e ribellioni. Il permesso, però, non fu concesso a cuor leggero né a titolo gratuito: per partecipare, i cavalieri dovevano pagare una somma in denaro — dieci marche per coloro che possedevano terra, venti per chi ne era privo.

Non si trattò soltanto di una manovra per raccogliere fondi — Riccardo, reduce da un costoso riscatto, aveva urgente bisogno di denaro — ma anche di un’azione mirata al controllo della classe militare. Attraverso questo sistema, il re riuscì a schedare e tassare i combattenti del regno, distinguendo formalmente tra cavalieri dotati di patrimonio fondiario e cavalieri "senza terra", spesso giovani, ambiziosi, o reduci senza feudo, i cosiddetti juvenes. La differenziazione tariffaria non era casuale: affermava pubblicamente una gerarchia interna al corpo cavalleresco, sancendo che la piena appartenenza a quell’élite non dipendeva solo dalla capacità di combattere, ma anche dal possesso di terra — ovvero dalla posizione sociale ed economica.

Il torneo, da pratica di addestramento e prestigio, si trasformò così in uno strumento fiscale e identitario, impiegato dalla Corona per consolidare il proprio potere e definire i confini dell’aristocrazia militare. Chi non rientrava nei parametri — chi combatteva solo per guadagno, o chi non poteva vantare un radicamento fondiario — cominciò a essere percepito come estraneo, marginale, forse pericoloso. L’identità cavalleresca si rafforzò proprio attraverso questa esclusione, e con essa si consolidò la separazione tra il nobile guerriero e il semplice soldato di mestiere.


La contabilità come arma sociale


La vera consacrazione arriva inoltre dai registri fiscali: i Pipe Rolls del 1173–74 sono i primi a mettere in atto le decisioni prese a Clarendon pochi anni prima. In essi si distingue chiaramente quanto si paga a un cavaliere “vero” e quanto a un qualsiasi altro soldato a cavallo, per la prima volta documentata. Lo status sociale diventa una voce di bilancio. Un cavaliere non è solo chi combatte, ma chi riceve un certo tipo di compenso, con certe modalità e – soprattutto – con certe aspettative di comportamento.


Il tutto si inserisce in un contesto in cui l’economia monetaria esplode: da 3 milioni di monete in circolazione nel 1150 a oltre 70 milioni nel 1210. In questa società sempre più liquida (di denaro, ma anche di ruoli), la nobiltà militare deve difendere i propri confini identitari.

cavalleria medievale

Escludere per resistere


Per i cronisti, è fondamentale mostrare chi è “dentro” e chi è “fuori”. Il cavaliere vero pratica la largesse, cioè è generoso con i suoi beni – anche quando non se lo può permettere. Il mercenario invece combatte solo per guadagno. Il cavaliere combatte per l’onore, la fede, la lealtà al re. Il mercenario, si dice, è uno straniero, un tessitore di Fiandra, un predone gallese.

In realtà, come sempre accade, la realtà era molto più sfumata. Ma la narrazione pubblica, il racconto letterario e cronachistico, ha bisogno di certezze, di etichette. E così nasce il cavaliere che ancora oggi ci immaginiamo: non tanto un uomo in armi, quanto un simbolo sociale costruito contro qualcosa.


E Guibert?


Le avventure del nostro Guibert si svolgono all’inizio del XII secolo, nell’epoca in cui tutto è ancora sfumato e i cavalieri erranti non sono dissimili dai mercenari, dai cavalieri che vivono solo di tornei, da briganti ben armati (i Ladrones di alcuni toponimi, anche italiani, come il Saxi Latronis della mia terra). Guibert ha ricevuto un’investitura ufficiale, evento che ho raccontato nella sua precedente trilogia, ma per il momento può giustificare l’appartenenza a un’élite solo con il proprio valore e l’autorevolezza che riesce a manifestare. C’erano, ovviamente, cerimoniali che concedevano maggiore distinzione, per esempio ricevere le armi e “l’abilitazione” da un grande nobile dell’Impero o del Regno (di Francia, nel suo caso) ma il vero fascino della sua epopea è, secondo me, proprio queste zone d’ombra, non ancora raggiunte dalle codifiche né fagocitate dalle consuetudini nobiliare che faranno dell’investitura a cavaliere un primo gradino dell’ascesa sociale. Guibert vive nell’epoca di maggiore trasformazione e molto di quello che leggerete nei suoi romanzi è frutto del mio studio e della ricostruzione più plausibile che sia stato in grado di rendere in narrativa, per raccontare la storia al meglio delle mie possibilità.




Terra Straniera melappioni

Bibliografia

·  Roger of Howden, Chronica, ed. William Stubbs, Rolls Series, vol. 3, London, 1869. Fonte primaria sul torneo del 1194, con le tariffe distinte tra cavalieri con e senza terra.

·  Michael Prestwich, Armies and Warfare in the Middle Ages: The English Experience, Yale University Press, 1996. Analisi dettagliata della struttura militare e dell’impiego di soldati a pagamento nell’Inghilterra medievale.

·  David Crouch, The Birth of Nobility: Constructing Aristocracy in England and France 900–1300, Pearson Education, 2005. Studio fondamentale sull’evoluzione dell’identità cavalleresca e sulla formalizzazione del rango nobiliare.

·  John Gillingham, “1066 and the Introduction of Chivalry into England”, in Law and Government in Medieval England and Normandy, eds. Garnett & Hudson, Cambridge University Press, 1994. Traccia le radici culturali e ideologiche della cavalleria inglese post-normanna.

2 commenti


Membro sconosciuto
08 ago

What a thoughtful and engaging read — I truly enjoyed it from start to finish. While exploring some fashion-forward brands lately, I stumbled upon Vanson Jackets, a hub for high-quality outerwear and streetwear. Their range is impressive, but the PPP X Embreigh Hoodie caught my attention instantly. It combines an urban vibe with premium materials, making it ideal for both casual days and stylish nights out.

Mi piace

Membro sconosciuto
27 mag

A proposito di identità e selezione, mi ha fatto venire in mente Escape Road, il gioco in cui le scelte che fai – come equipaggiarti, chi aiutare, a quali alleanze aderire – determinano non solo il tuo destino, ma anche il tuo “ruolo” nella storia che si costruisce intorno a te.

Mi piace
    bottom of page